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Guida sportiva su monoposto tutte le sensazioni in questo articolo....Ve la ricordate la prima cotta? Tra un incontro e il successivo si stava in una sorta di stato di trance con il pensiero ed i sensi fissati al momento dell’abbraccio, dello sguardo intenso, dell’emozione più forte. Roba che rischiavi di dimenticare a casa la cartella oppure di andarci con la maglia messa all’incontrario e se incontravi qualche conoscente per strada dopo un quarto d’ora che ti parlava ancora non avevi realizzato chi fosse… Beh, mi vergogno a scriverlo ma da qualche giorno sono in questo stato…. alla mia ètà…
Succede che qualche giorno fà ho girato a Monza con una Formula 3000 World series; una monoposto che rappresenta l’ultimo gradino prima della F.1 e che a quest’ultima assomiglia già parecchio, fatta salva una potenza sensibilmente inferiore ed una elettronica molto meno complessa.
Una macchina così l’avevo sempre solo sognata o al massimo ammirata da vicino, nel paddock. Ora che ho potuto provarla la mia mente non riesce più a scendere e sono ancora lì, con le mani strette sul volantino illuminato dai led e dai display, affondato semisdraiato nella scocca Dallara in carbonio lanciata a quasi 280 km all’ora, con l’urlo del motore nella schiena e con nella fessura del mio casco integrale l’immagine traballante della prima variante, là in fondo al rettifilo dei box, che mi si precipita incontro.
Per me è stato come vivere in un sogno, in una dimensione fantastica e lontana anni luce dalle fatiche della quotidianità. Una passione che mi brucia da quando ero ragazzino e che, pur avendo spesso cercato di negare e dimenticare avendone tristemente constatato l’inarrivabilità, non si è mai sopita. Accidenti!
Il programma della prova consisteva in nove giri al mattino con una F. 3 (che avevo già provato ad Adria, in primavera) per prendere confidenza con la pista e con le sue elevate velocità; un breve briefing di ricognizione sulle funzionalità della macchina dopo pranzo, poi via per due run da cinque (sic!..) giri l’uno intervallati da una sosta “di riflessione” di un’oretta, per digerire la prima presa di contatto e godersi meglio la seconda.
Con la fantasia (ma anche con la playstation, guardando i cam-car e osservando da bordo pista..) avevo già girato a Monza con la F.1; qualche volta, di notte in sogno, sono stato anche sul podio con sotto la festa della folla, la stessa di cui faccio parte ahimè nella realtà quando vado a vedere qualche gara... La mente è molto più potente di quanto si creda e calarsi ad occhi chiusi con l’immaginazione ed i propri sensi in una situazione sino quasi a “viverla” costituisce una esperienza che può rivelarsi utile al momento della pratica del gesto reale. E’ un assunto che si può facilmente trovare in quei libri americani di pseudo-psicologia tipo “l’aquila che si crede un pollo”…
Forse è anche vero poi che le perenni ristrettezze che mi hanno impedito quasi sempre di provare adeguatamente ogni tipo di macchina con cui ho gareggiato prima di correrci mi hanno abituato a non avere mai molto tempo da perdere per i preliminari..
I piloti di F.1 arrivano in prima variante a ca. 320 km/h e staccano a 100 mt.! (a meno di un secondo e mezzo dallo schianto, dato che a quella velocità si percorrono quasi 90 mt. al secondo…) per affrontare la strettissima S in seconda a ca. 60 km/h. Arrivarci anche “solo” a 280, per uno abituato alla Mondeo diesel, provoca una certa apprensione e i primi giri staccavo ben prima del primo cartello che indica i 200 mt., anche perché sulla macchina che ho usato la pedaliera era disposta in modo per me anomalo, tipo F. 1, utilizzando cioè per frenare esclusivamente il piede sinistro. Freno ed acceleratore erano infatti talmente vicini e con uno sbalzo di altezza così accentuato (freno molto più alto) da rendere rischioso tentare di effettuare una rapida staccata utilizzando il destro, oltrechè impossibile fare il punta-tacco per agevolare la scalata.
Sulle prime i cosiddetti “automatismi” di guida erano pertanto un po’ impediti (anche perché la F3 con cambio ad innesti frontali ad H richiede invece una staccata con cambiata di tipo tradizionale, come la vecchia 500..). Fatto stà però che queste macchine hanno una frenata talmente poderosa (aiuta anche la down force che alle alte velocità togliendo il gas preme la macchina verso l’asfalto..) che anche con pochi giri a disposizione ci si rende conto che non è rischioso frenare molto più tardi di quanto degli occhi ed un cervello non abituati impongano. Tant’è che gli ultimi giri mi obbligavo ad aspettare a staccare sino al cartello dei 150 mt., percependo comunque ancora un margine di miglioramento.
La Dallara “Worldseries” del 2004 è dotata di un normalissimo ed efficace cambio sequenziale ad innesto meccanico molto simile a quello di molte auto da rally aspirate dell’ultima generazione (fatti salvi una levetta più piccola e con un’escursione più corta); senza togliere il gas né schiacciare la frizione, tirando leggermente la levetta si aumenta il rapporto; spingendo si scala. Unica precauzione, in scalata, è dare un piccolo colpo di gas prima di inserire i rapporti inferiori, per agevolarne l’inserimento.
La vecchia “curva grande”, appena dopo la prima variante, si percorre con il gas completamente aperto passando tutte le marce dalla terza in sù; ci sono stato al venerdì del GP e così mi sono scialato a “scimmiottare” i big mettendo le ruote dove le ho viste mettere a loro, un’occhio ai led sul volante (per cambiare al verde..) e un occhio alla pista. In questa piega “sentivo” la testa e le gambe pesare verso l’esterno curva. Ripensando a quella curva mi è venuto in mente quando a Monza non c’erano varianti e i mitici Piloti dell’epoca la percorrevano arrivando dal rettilineo dei box in pieno, a ben più di 300 km/h… sdraiati in una pentola di tubi e lamiera rivettata piena di benzina e mega-motore attaccato alla schiena, con il casco jet stile go-kart da spiaggia a noleggio e gli occhialoni da sci come quelli che si usavano trent’anni fa… e con il muro a sinistra a un metro dalla pista (adesso c’è una bella via di fuga con tanto di sabbia, in leggera salita), magari a pochi centimetri dagli altri bolidi di ferraglia. In caso di uscita di pista in quel punto le probabilità di sopravvivenza erano relative, così come alla seconda di lesmo, un tempo punto chiave di Monza (dove si faceva il tempo..), oggi una curva abbastanza facile e sicura.
Un altro punto del circuito che mi ha suscitato forti emozioni è la staccata della parabolica (ove morì Jochen Rindt, unico Campione del mondo alla memoria); ci si arriva a fionda in sesta, pestone sul freno al cartello dei 100 mt. togliendo due marce (o tre, non ho potuto ben capire..), e appena presa la corda si incomincia a lasciar correre la macchina verso l’esterno curva a gas spalancato salendo tutti i rapporti sino a sfrecciare sul rettifilo dei box, sotto il pannello dei giri-classifica che è rimasto lo stesso dei tempi d’oro.
Ora che ho fatto questa esperienza ho un nuovo obiettivo dinnanzi a me per l’anno prossimo, congiuntura permettendo: provare la F. 1.
L’uomo adulto (non ho scritto maturo…) si gira indietro, guarda sé stesso bambino-adolescente e dice: “Ecco quà! Finalmente posso regalarti il tuo sogno!” Prenota il test da Qui
Roberto Nale
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